di Luca Baiocco
ECCELLENZA – La filosofia e il modus operandi di due pedine fondamentali all’interno della squadra viola. Parola a Marco Salvucci (preparatore atletico) e Roberto Brasca (massofisioterapista).
Dietro una squadra di successo, oltre ai meriti e alle gesta dei singoli giocatori e alle indicazioni dell’allenatore, c’è sempre quel contributo sostanziale dello staff. La cura dei dettagli alla lunga può fare la differenza e portare quella manciata di punti in più che sono determinanti in un campionato all’insegna dell’equilibrio. Un campionato dove nessuno ha ancora dettato legge e fatto la voce grossa, dove nessuno può allo stesso tempo abbassare la guardia e lasciare le cose al caso, ma deve dedicarsi al lavoro.
Ecco perchè il Montefano si affida a due autentici professionisti per quanto riguarda la tenuta fisica e atletica dei calciatori. Roberto Brasca, responsabile del centro RB medicina e riabilitazione (visita il sito), è ormai un punto fermo del calcio montefanese. Da ben 11 stagioni è il massofisioterapista che cura i ragazzi viola da fastidi, acciacchi e infortuni. Fondamentale per mandare in campo tutti al meglio delle proprie condizioni. Chiedere ai giocatori stessi per averne la prova. Se Roberto cura, dall’altra parte Marco Salvucci previene. E’ lui il preparatore atletico che ha il compito di garantire alla rosa la giusta forma fisica per affrontare un campionato duro e molto agonistico come l’Eccellenza. E’ anche grazie al suo prezioso lavoro che nel finale della scorsa stagione il Montefano ha mostrato in campo quella brillantezza fisica necessaria a raggiungere la salvezza.
Marco è da tutti chiamato Prof per la professionalità che mette nel suo modo di lavorare. D’altronde è un ex atleta professionista, specializzato nei 400 m piani. Ha partecipato ai Campionati Mondiali di Helsinki 2005 ed ai Campionati Europei di Monaco 2002. Si dice che sia molto duro nella parte atletica degli allenamenti e a tal proposito replica: “Non so esattamente cosa dicono di me, sicuramente quando c’è da lavorare chi deve far lavorare duramente può non essere visto di buon occhio. Scherzi a parte, diciamo che come filosofia ho adottato quella del lavoro, fatto con il massimo criterio possibile. Non lavorare tanto per, ma in funzione di. Mi porto dietro la mia esperienza da atleta professionista che doveva curare ogni minimo particolare per ottenere il miglior risultato possibile. Chiaramente lavorando in uno sport di squadra bisogna cercare per quanto possibile di personalizzare il lavoro, cosa che nei dilettanti non è semplice per questioni di tempo, ma cerco comunque di farlo grazie alla fiducia e allo scambio di informazioni con mister Lattanzi e il massofisioterapista Brasca. Chi si allena con me sicuramente sa che bisogna sudare, ma come dico ai ragazzini…nel calcio bisogna correre, altrimenti andiamo a fare altro.”
Se qualcuno ha dei problemi o risentimenti dopo i lavori del Prof ci pensa O Mago a mettere le cose apposto. Lo stesso Roberto ci ha svelato il segreto del soprannome: “Il modo in cui mi chiamano la dice lunga su quello che le mie mani possono fare ! Scherzi a parte, nelle passate stagioni l’argentino Carlos Aquino mi chiamava spesso usando il nome del “mago”. D’altronde forse lui più di tutti ne sa qualcosa dopo tutte quelle che abbiamo passato insieme per giocare la domenica. Poi l’anno scorso anche l’amico Andrea Maruzzella ha contribuito nel chiamarmi così.“
Che avere un buon livello atletico sia fondamentale nel calcio di oggi giorno è palesemente sotto gli occhi di tutti. Ma quanto questo incide rispetto ad aspetti prettamente tecnici e tattici nell’arco di un intero campionato? La versione del Prof: “Non è un luogo comune ma è verità che per ottenere buoni risultati bisogna innanzitutto avere una buona condizione atletica. Con i fenomeni o giocatori bravissimi tecnicamente e i loro colpi di genio oggi puoi risolvere una/due partite, però poi alla lunga nei campionati gli obiettivi sono stati raggiunti sempre da squadre che comunque avevano un buon bagaglio atletico, che chiaramente non è l’unico aspetto. Ma non è un aspetto importante da dover curare. Poi è normale che una squadra che ha valori tecnici e tattici minori dovrà far più affidamento a caratteristiche fisiche, oltre che naturalmente mentali, per fronteggiare squadre più tecniche. Senza dimenticare poi che una buona condizione atletica permette ai giocatori di essere meno stanchi e di conseguenza più lucidi nelle situazioni fondamentali che si vengono a creare nell’arco dei 95 minuti di una partita. Ciò può farti vincere o comunque ottenere un buon risultato.”
Quella condizione fisica che sia Marco che Roberto cercano di mantenere sempre integra. In particolare Brasca sul modo di lavorare dice: “Curiamo molto l’aspetto preventivo insieme allo staff. Se siamo bravi o fortunati non lo so, quello che conta è che riusciamo quasi sempre ad avere la Rosa al completo.” E su quali fossero gli infortuni più frequenti precisa: “Se penso agli ultimi anni, ricordo che abbiamo avuto più fratture da traumi diretti che lesioni muscolari…il che la dice lunga !”
Il ruolo del preparatore atletico è sicuramente fondamentale in fase di preparazione estiva, dove ci si dedica molto a livello fisico. C’è forse la credenza che un grosso lavoro fatto a inizio anno sia duraturo per l’arco della stagione, ma il Prof sembra non esserne così convinto: “Per esperienza personale e di studio sicuramente questa cosa io la sfaterei. Insomma non esiste che tu lavori bene per un mese e questo lavoro ti fa arrivare a fine campionato. Non è possibile. C’è bisogno di un lavoro costante che è sicuramente quello che premia. Ma spesso nel dilettantismo non sempre è possibile farlo come si dovrebbe. E’ importante riuscire a trovare i giusti spazi durante la settimana per poter comunque lavorare, non si può vivere di rendita. Ovviamente un buon lavoro fatto a inizio stagione ti può permettere di recuperare da piccoli infortuni e ritrovare la condizione ottimale prima rispetto a chi magari ha lavorato poco. Bisogna cercare di lavorare con criterio durante la stagione.”
Un’attività agonistica che per forza di cose bisogna anche portare avanti durante il periodo tra Natale e Capodanno. Come ci si approccia allora in questo caso ? Si fa un richiamo di preparazione ?
Secondo il metodo del Prof: “In questo periodo di feste natalizie appena passato diciamo che, avendo una pausa breve (solo 1 weekend senza gara ndr) e togliendo i giorni festivi in cui non si lavora, non è che abbiamo tutti questi giorni per poter dedicarci al lavoro atletico. Cerchiamo di sfruttare quelle poche sedute sicuramente in funzione di un lavoro futuro per le prossime settimane. Quindi si cerca sicuramente di fare qualcosina in più rispetto alla settimana tipo, però non possiamo andare a tirar fuori grossi carichi di lavoro. Altrimenti rischieremo trovare gli atleti alla ripresa delle competizioni in una situazione di disagio fisico per non avere assorbito i carichi, visto il poco tempo a disposizione. Quindi bisogna cercare di lavorare ma senza esagerare e stravolgere le abitudini della settimana tipo.“
Per amalgamare il lavoro di tutti verso un bene comune c’è ovviamente bisogno di una stretta collaborazione tra Marco, Roberto, l’allenatore e gli stessi ragazzi. Brasca ha avuto a che fare con tanti di loro nel corso degli anni e ci racconta il rapporto che ha con i calciatori: “Bellissimo ! C’è rispetto dei ruoli, fiducia, correttezza. Tutti mi seguono e questo per me è una vera soddisfazione dal punto di vista professionale. Anche con il mister mi trovo molto bene. Siamo andati subito d’accordo trovando un bel feeling e questo è una marcia per la squadra. Devo allo stesso tempo ringraziarlo molto perchè mi ha insegnato un sacco di cose.”
Stare al passo con i tempi è fondamentale nel calcio per evitare brutti imprevisti. Sia a livello di strutture e tecniche di cura (a tal proposito da alcuni anni il Montefano Calcio ha stretto con il centro RB il progetto del “Violab”, vedi la notizia) che nel modo di lavorare. Perchè nel corso degli anni si è evoluta la figura del calciatore: si chiede prima di tutto di essere un vero atleta con un gioco sempre più veloce e agonistico a discapito delle belle giocate con i piedi. Ci siamo chiesti se sia cambiato il modo di lavorare del Prof e cosa pensa di questa considerazione.
“Ho iniziato quando già il calcio era ed è come lo abbiamo oggi: sicuramente un calcio molto atletico e meno tecnico. Quindi c’è stato un livellamento verso il basso dei valori, di contro abbiamo dei giocatori che si avvicinano sempre più allo stereotipo di un atleta di alto livello, chiaramente con le dovute proporzioni del calcio dilettantistico. Anzi probabilmente in questo caso, avendo giocatori meno tecnici, forse questa cosa si vede ancora di più, per cui sicuramente c’è da curare l’aspetto atletico nella maniera più dettagliata possibile. Il gioco è più veloce quindi lo è anche il calciatore medio di oggi rispetto a quello del passato. Però bisogna assolutamente cercare di portare tutti i giocatori ad un livello atletico più alto possibile senza lasciare che qualcuno abbia una qualità atletica troppo differente rispetto al resto la squadra. Bisogna essere attenti a saper bilanciare i carichi di lavoro. Questo voler spingere il calciatore verso velocità e forze troppo elevate poi va a discapito del recupero e quindi degli infortuni che sono la nostra più grande croce. Occorre sia l’atletizzazione che la prevenzione: i due aspetti non vanno mai disgiunti.
E’ chiaro che non possiamo far allenare i giocatori come fossero veri atleti perché rischieremo di snaturare quelli che sono le loro caratteristiche. Però c’è bisogno di un lavoro molto più importante rispetto al passato. Sto vedendo soprattutto negli ultimi anni come alcuni lavori atletici vengano svolti sempre di più con l’ausilio della palla. Io sono ancora legato a quelli che sono i “lavori a secco” e cerco comunque di bilanciare questi due aspetti. Credo che un giusto mix sia la soluzione ideale, tralasciare totalmente il “lavoro a secco” per quello che riguarda la mia filosofia non mi trova d’accordo. Secondo me una buona base fondo è importante poi avendo quella possiamo lavorare su altri aspetti e curare le caratteristiche atletiche il calciatore anche lavorando con la palla.”
Roberto, che tra le altre cose è anche laureando in Scienze Motorie, ne ha viste di cotte e di crude con il Montefano. Appignanese di origine, ma ormai montefanese d’adozione. Una vita in Viola che ha avuto una continua evoluzione: “Sono passate 11 primavere ed ho visto una società crescere dalla 1° categoria all’Eccellenza. Dal punto di vista organizzativo per quello che mi compete ho cambiato numerosi aspetti sugli errori passati. Si perchè purtroppo per migliorare bisogna anche fare degli errori. Avrei potuto in più occasioni fare delle scelte diverse, anche professionalmente più importanti per il mio futuro. Invece sono rimasto qui a ripagare, per quel che posso, chi mi ha dato una possibilità tanti anni fa. Il mio lavoro fa parte di un’attività collettiva di tutta la società che cerca di portare tutti nella stessa direzione. Non c’è nessuno più bravo degli altri, credo che tutti siamo importanti. Lo spirito deve essere quello di umiltà e di gruppo, quello che ci rappresenta negli ultimi anni. Ci tengo a ringraziare tutti, in particolare lo staff tecnico.”
Grazie a Marco e Roberto per essersi prestati ad una bella chiacchierata con noi !
Forza Viola !